l’assemblea

 

Sin dallo in scoppio della guerra in Ucraina nel movimento anarchico di lingua italiana si sono sentite diverse voci coerentemente disfattiste e internazionaliste, ma queste prese di posizione non subito sono riuscite a tradursi in un’azione di lotta concreta ed efficace. Anche a causa dell’impegno nella campagna dello sciopero della fame di Alfredo Cospito contro il 41 bis, molte forze sono state dedicate a questa lotta che è durata ben sei mesi.

Nell’estate del 2023 finalmente nasce l’assemblea “Sabotiamo la guerra”: un luogo di incontro itinerante che circa una volta al mese si riunisce in una diversa città italiana, coordinando individui e realtà di diverse località, elaborando scritti e partecipando a manifestazioni.

In questo anno di vita, l’assemblea ha prodotto due testi principali:

1. “Sabotiamo la guerra. Appello per una mobilitazione internazionale e internazionalista contro la guerra in Ucraina”.

2. Un giornale uscito come numero unico dal titolo “La Tempesta. L’imprevisto palestinese nella guerra globale”.

Il primo testo, elaborato nel corso dell’estate 2023 e pubblicato nel mese di settembre, rappresenta una presa di posizione nei confronti della guerra in Ucraina e anche un chiarimento interno rispetto a talune degenerazioni militariste che a livello internazionale hanno tentato in questi anni di imporre al movimento anarchico e antagonista una posizione sostanzialmente filo-NATO.

In estrema sintesi definiamo la guerra in Ucraina come “un capitolo centrale di un più ampio scontro tra blocchi di Paesi capitalisti per la spartizione del mondo, in cui sono in gioco la supremazia economica, militare, tecnologica e la ridefinizione degli equilibri internazionali”, in un contesto più ampio nel quale “si profila sullo sfondo lo scontro militare con il principale avversario del capitalismo occidentale, la Cina”. Affermando che siamo sul piano inclinato che può portare alla terza guerra mondiale, invitiamo a un’azione disfattista e internazionalista coerente:

  • Sostenendo la diserzione su tutti i fronti, offrendo rifugio e solidarietà a tutti coloro che sottraendosi alla coscrizione militare si rifiutano di prendere parte al massacro.
  • Sabotando la macchina militare, inceppando la produzione bellica e bloccando i flussi della logistica militare.
  • Smascherando la macchina del consenso e della propaganda.
  • Opponendoci all’occupazione militare dei territori, contestando e contrastando le basi militari, leesercitazioni di guerra e la militarizzazione della vita pubblica.
  • Affermando la necessità di un vero sciopero generale che, superando forme rituali e di testimonianza,fermi concretamente l’industria e la logistica dei paesi coinvolti.
  • Smascherando la complicità dell’università e della ricerca con l’apparato industriale-militare e gliinteressi economici capitalisti alla base di ogni guerra.Siamo contro ogni Stato, a partire dal “nostro”. Quindi, dal nostro lato del fronte, per la disfatta della NATO. Detto con uno slogan: rovesciare la guerra dei padroni in guerra contro i padroni!Solo poche settimane dopo la pubblicazione, avvenivano i fatti del 7 ottobre in Palestina e la conseguente risposta militare israeliana. Le vicende in Asia Occidentale sono da una parte una conferma della tendenza alla mondializzazione del conflitto, ma dall’altra contengono anche elementi di importante differenza. Per questo nel corso dell’autunno abbiamo elaborato una rivista uscita come numero unico, “La Tempesta”, il cui sottotitolo esplicativo è stato “l’imprevisto palestinese nella guerra globale”. Se quando c’è una guerra fra Stati gli anarchici non possono avere alcun dubbio nella lotta contro ogni governo borghese, non si può al contrario negare che i fatti del 7 ottobre nascano “dalla volontà dei gazawi di ribellarsi a condizioni di vita

sempre più disumane e insopportabili”. La nostra chiave di lettura della situazione in Palestina passa attraverso il concetto di “colonialismo di insediamento”: un sistema che non mira tanto ad impadronirsi, a sfruttare e depredare i territori colonizzati, ma a impossessarsi del territorio sterminandone la popolazione. Il genocidio è intrinseco a questo tipo di colonialismo. Per dirla con un esempio banale, quanto accade in Palestina somiglia più allo sterminio dei nativi americani che al colonialismo europeo in Africa e Asia.

Da questo punto di vista, non ha senso una lotta di liberazione nazionale di tipo “indipendentista”. Sin dall’introduzione siamo stati molto chiari sul fatto che la nascita di uno Stato palestinese è non solo impossibile, ma anche deprecabile. Definiamo lo slogan “due popoli, due Stati” una “menzogna insanguinata”: non si è mai visto nella storia la nascita di uno Stato di colonizzati a fianco di uno Stato di colonizzatori. In ogni caso uno Stato palestinese nascerebbe sulle fondamenta della borghesia palestinese collaborazionista.

Più in generale, con la definizione di “sistema Israele” analizziamo una tendenza sempre più diffusa nelle nostre società: “un enorme esperimento di ingegneria carceraria ad alta tecnologia”. Un laboratorio e un rifermento per l’intero Occidente.

Come per l’Ucraina, anche per le vicende palestinesi il nostro focus principale viene posto sulle responsabilità del “nostri” Stati e dei “nostri” padroni. Dagli investimenti industriali e scientifici, al sostegno diretto, militare e diplomatico nei confronti di Israele. Tra i vari esempi che potremmo fare, non è possibile dimenticare che l’Italia e la Germania, insieme ad altri Paesi europei, sono impegnate nella “missione aspides” nel Mar Rosso. Fermare la guerra a partire da casa nostra, significa agire concretamente per la disfatta di queste avventure militari.

Oltre ai documenti prodotti e alle nostre discussioni a cadenza mensile, i compagni che compongono l’assemblea hanno partecipato a diversi momenti di lotta. Ne elenchiamo alcuni.

Il 21 ottobre 2023 abbiamo partecipato con uno spezzone alla manifestazione che si è tenuta fuori dalla base militare italiana di Ghedi (Brescia).

Il 18 maggio 2024 abbiamo partecipato al corteo cittadino che si è svolto a Lecco e che si è diretto ai cancelli della Fiocchi Munizioni.

Entrambe queste manifestazioni dimostrano come l’Italia ha un ruolo di forte promotore nei conflitti e ha grandi interessi economici nella guerra. Non è un semplice vassallo degli Stati Uniti come alcune aree vogliono far credere per deresponsabilizzare la “nostra” borghesia. La base di Ghedi è una grande base militare esclusivamente italiana (non è una base NATO), mentre la Fiocchi è una storica multinazionale lombarda.

Soprattutto, alcuni compagni della nostra assemblea hanno contribuito a promuovere la campagna di blocchi che si sono verificati al porto di Genova: il 10 novembre del 2023, il 23 febbraio 2024 e il 25 giugno 2024. Questi blocchi erano in particolare diretti contro alcune compagnie navali impegnate nella logistica militare: Maesk, Zim e Bahri Lines. Quello del 25 giugno è stato il blocco più riuscito, con la chiusura totale di tre varchi su quattro, il rallentamento di tutta la mobilità cittadina e la contestazione alla sede locale della principale industria militare italiana, Leonardo.